Comune non arretra contro Uber
Comune non arretra contro Uber

Genova – Anche il Comune interviene nelle polemiche dopo la sentenza a favore di Uber che ha scatenato ieri la rivolta dei tassisti genovesi.
La civica amministrazione è in attesa di conoscere le motivazioni, che devono essere ancora depositate, con cui il Giudice di pace ha accolto il ricorso presentato da un autista associato a Uber ma, in una nota stampa, il Comune annuncia che “la notizia non determina allo stato alcun cambiamento nella posizione del Comune di Genova, né potrebbe determinarlo considerato l’obbligo di attenersi alle norme vigenti e la volontà del Comune di rispettarle.
Come ha ricordato il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, riferendosi alla app Uberpop, “qualsiasi app che eroghi un servizio pubblico non autorizzato compie un esercizio abusivo della professione”. Ne consegue che è un atto dovuto la contestazione ai conducenti della violazione dell’art.86 del Codice della strada, che punisce chi svolga servizio di piazza senza aver ottenuto la licenza prevista dalla legge. Per Genova, come per Milano e per altre città italiane, quello prestato da Uberpop è un servizio taxi svolto senza licenza”.
Il Comune di Genova ricorda anche che sono ancora pendenti le decisioni di altri Giudici di Pace su diversi ricorsi e dunque non è automatico che anche gli altri ricorsi vengano accolti con soddisfazione degli autisti Uber.
“Comunque – spiega ancora palazzo Tursi nella nota stampa – né i singoli comuni né le decisioni dei giudici di pace possono disciplinare una materia che è controversa in tutta Europa, come dimostrano le vicende giudiziarie di Uber in Francia, in Spagna e in Olanda. Occorre quindi una definizione normativa a livello nazionale”.
La civica amministrazione prende anche le distanze da alcuni episodi di violenza, in particolare contro alcuni fotografi e giornalisti, avvenuti ieri, durante la protesta dei tassisti genovesi davanti alla Prefettura.
Il Comune, infatti, esprime “la più ferma condanna per qualsiasi atto di violenza e di intimidazione: nessun motivo di protesta può giustificare il ricorso a metodi violenti”.