Palazzo di Giustizia di Genova
Palazzo di Giustizia di Genova

Genova – Non ha retto agli incubi ed ai rimorsi ed ha confessato di aver ucciso lo zio, Albano Crocco, per una lite degenerata nel bosco. Claudio Borgarelli, nipote dell’uomo ucciso e decapitato nei boschi di Lumarzo ha ammesso le proprie responsabilità durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, avvenuto questa mattina.
L’uomo ha deciso di rivelare tutto perchè tormentato dal rimorso ma anche per una nuova strategia difensiva forse suggerita dalle circostanze.
Ha raccontato di essere infuriato con il parente, ma anche con altri residenti del paese, per un sentiero che sale nel bosco e che è su una delle sue proprietà. Borgarelli non voleva che fosse percorso da nessuno e aveva litigato più volte con il familiare che, invece, lo percorreva abitualmente per andare a cercare funghi.
Una lite durata anni e che è sfociata nell’omicidio l’11 ottobre scorso quando Borgarelli ha visto l’auto dello zio parcheggiata davanti all’abitazione ed è sceso scoprendo che i paletti che aveva messo per impedire l’accesso erano stati rimossi.
L’uomo avrebbe raccontato agli inquirenti di aver perso la testa e di essere rientrato in casa per prendere una pistola e il machete. Armi intenzionalmente di “difesa” e prese nella convinzione che lo zio fosse armato.
Poco dopo il confronto, nel bosco, con lo zio che rifiuta di accettare la richiesta di non utilizzare il sentiero e che forse offende il nipote in un modo che fa scattare la reazione violenta.
Borgarelli avrebbe sparato alla nuca allo zio e poi lo avrebbe decapitato con il machete.
Poi sarebbe rientrato in casa a prendere alcuni sacchi della spazzatura e avrebbe gettato il corpo senza testa in un dirupo mentre il macabro “trofeo” sarebbe stato rimosso e gettato nella spazzatura a Struppa, dove lo hanno ripreso alcune telecamere che hanno subito fatto vacillare il suo alibi.
Un racconto agitato, frenetico che potrebbe essere il preludio di una richiesta, da parte della difesa, di una perizia psichiatrica volta a decidere se l’uomo, al momento del delitto, fosse capace di intendere e volere.
Si chiude così l’indagine su uno dei fatti di sangue più macabri che la zona ricordi e sul mistero della testa scomparsa.
Le ricerche proseguiranno ma con la confessione sembra destinata a chiudersi una indagine che, sin dall’inizio, aveva puntato sulle persone più vicine alle vittima.