Sarzana (La Spezia) – Omicidio o suicidio, si infittisce il mistero sul ritrovamento del corpo senza vita dell’architetto Giuseppe Stefano Di Negro nelle vicinanze di un torrente in quartiere Braida, a Sarzana.
L’autopsia ha infatti scoperto che l’uomo, che inizialmente si pensava fosse stato colpito a morte con un corpo contundente, è morto per le conseguenze di un colpo di pistola esploso a distanza ravvicinata e tenendo l’arma in bocca.
Il proiettile è stato “ritenuto”, ovvero non è fuoriuscito dal cranio, circostanza piuttosto inusuale trattandosi di un colpo di una calibro p38, arma decisamente “potente”.
Lo scenario cambia radicalmente e si fanno avanti due piste ben delineate: quella del suicidio, con l’architetto che si impossessa di un’arma detenuta regolarmente dal padre e che non sarebbe stata rinvenuta in casa del genitore e che forse è stata raccolta e sottratta dai giovani che hanno rinvenuto il cadavere, o l’omicidio, al termine di una lite nel corso della quale Giuseppe Stefano Di Negro sarebbe anche stato malmenato.
Importante diventa la testimonianza dei due giovani che per primi hanno trovato l’architetto ed hanno chiamato i soccorsi e che potrebbero aver già restituito l’arma ritrovata rischiando un’accusa per aver modificato il luogo del delitto sottraendo prove fondamentali per ricostruire la vicenda.
Si indaga anche nella vita del professionista che ha “firmato” moltissimi progetti di opere pubbliche della zona e potrebbe essere stato ucciso per qualche vicenda legata alla sua attività professionale.
Gli esperti della scientifica potrebbero ricavare molte informazioni dall’arma del delitto ed è chiaro che il ritrovamento della pistola del padre di Di Negro potrebbe fornire elementi “di svolta” per chiarire cosa è successo in viale Alfieri.