Di quella straordinaria generazione di chitarristi inglesi nati nella prima metà degli anni ’40, che ha posto le basi del rock moderno fondando di fatto la figura del “guitar hero”, Eric Clapton è forse l’unico riuscito a raggiungere uno status di concertista al di sopra di ogni categoria. La naturalezza con cui Clapton passa dall’adorato blues di Robert Johnson alla musica indiana di Ravi Shankar, come accaduto per il concerto omaggio al suo grande amico George Harrison, al jazz con Wynton Marsalis senza mai perdere nulla della sua naturalezza e della sua comunicativa ha pochi eguali.
Clapton, che celebra i suoi 70 anni con la pubblicazione con “Forever Man”, un cofanetto antologico con 51 tracce che coprono 30 anni di carriera, è una leggenda, ma è riuscito a mantenere una grande freschezza di idee anche se, già l’anno scorso, aveva dichiarato di essere stanco dei viaggi e dei ritmi delle tournée.