Ingegneri genovesi emigrano all'estero
Ingegneri genovesi emigrano all’estero

Genova – Oltre la metà degli ingegneri laureati all’Università genovese sceglie di lavorare all’estero. A rendere evidente la fuga dei cervelli in corso nel capoluogo ligure è una ricerca Alumni ISICT sui laureati ICT
Secondo lo studio infatti, il 52% tra i migliori laureati di ingegneria genovese ha compiuto almeno un’esperienza di lavoro all’estero ed il 65% ha studiato fuori confine, il 43% è impiegato attualmente in un altro paese e anche chi ancora lavora in Italia non esclude la possibilità di emigrare per un periodo determinato (66%) o addirittura indeterminato (31%).
I dati sono emersi dall’indagine conoscitiva svolta dall’Istituto Superiore di Studi in Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (Isict) compiuta su un campione tra i migliori studenti dell’Università di Genova del settore Information Communication Tecnology (Ict).
“Un’indagine che per il numero ridotto di intervistati non si propone di avere valenza scientifica, ma che è comunque significativa – esordisce Matteo Aragone, presidente di Alumni-Isict e curatore della ricerca insieme a Martina Cereseto – I dati nazionali elaborati da Almalaurea, infatti, ci dicono che solo il 3% del totale degli ingegneri italiani ha mai lavorato all’estero; una percentuale che sale leggermente se teniamo conto dei laureati nell’ultimo quinquennio (6,6%) e che tocca una punta del 10,8% tra gli informatici, ma che rimane bene al di sotto dei numeri riguardanti i giovani ingegneri genovesi”.

“L’alto livello di internazionalizzazione è un segnale positivo – prosegue Aragone – perché dimostra che i laureati Isict riescono a competere in palcoscenici europei e mondiali grazie alla preparazione fornita dall’Università di Genova e a un contesto favorevole in termini di Erasmus, doppie lauree, stage all’estero, summer school e visite formative come quelle, ad esempio, che vengono realizzate alla Silicon Valley. Proporzionalmente, le persone all’estero lavorano di più nell’ambito della ricerca, segnale che esistono già numerosi collegamenti internazionali con enti di ricerca e vanno rinforzati, piuttosto, quelli con i soggetti industriali”.

C’è però l’altra faccia della medaglia. Diventa infatti spontaneo chiedersi perché il nostro territorio non riesca a trattenere i migliori laureati sfornati dall’Università di Genova e, soprattutto, come si possa facilitarne il rientro una volta compiuta una prima esperienza all’estero.
“I fattori in gioco sono molteplici – riflette Aragone – A livello nazionale, pesano gli stipendi troppo bassi e forme contrattuali storicamente poco vantaggiose per i neolaureati, anche se la speranza è che, grazie al Jobs Act, si possa assistere ad un’inversione di tendenza. Su Genova, poi, influiscono negativamente le preoccupazioni in merito al futuro di Finmeccanica e di altre multinazionali, nonché la crisi della stessa Università. Tanto a livello nazionale che locale, indagare sulle ragioni che portano i nostri studenti migliori ad emigrare è importante per invertire l’attuale tendenza. Perché se da una parte è senza dubbio prezioso il network di relazioni fra università e aziende costruito a livello internazionale, dall’altra parte fa male vedere i nostri talenti andare a fare le fortune di aziende straniere, dopo essere stati noi a formarli”.

Dalla ricerca Isict traspare anche la sensazione che chi lavora attualmente all’estero è generalmente disponibile a tornare, ma è pessimista rispetto alla possibilità di trovare nel nostro paese un lavoro in linea con le proprie aspettative. Senza contare, poi, l’imbarazzo al momento di scegliere a chi mandare il proprio curriculum.
“Esiste un evidente problema di matching tra domanda e offerta dovuto a scarsa comunicazione o divergenza nelle aspettative di chi cerca e di chi offre lavoro – spiega Aragone – Il settore Ict è infatti quello che occupa il maggior numero di lavoratori a Genova, circa 13mila, ma molti imprenditori, soprattutto tra le pmi, lamentano la difficoltà a reperire personale qualificato. L’Isict si sforza di creare un ponte tra mondo accademico e aziende, ma esistono ancora ampi margini di miglioramento: mi riferisco, ad esempio, al modo in cui sono strutturati i tirocini, che andrebbero ripensati. Altro fattore scoraggiante sulla propensione dei nostri migliori laureati a scegliere Genova, è la lentezza della città nel prendere decisioni strategiche, come quelle legate al Parco tecnologico degli Erzelli e alle infrastrutture, dall’aeroporto al terzo valico e alla gronda».

Aragone conclude però all’insegna dell’ottimismo: “Diversi punti giocano comunque a favore di Genova: i laureati Isict che lavorano fuori ne rimpiangono il clima, gli stranieri dell’Iit ne apprezzano la vita culturale, i musei e i ristoranti. Vantaggi competitivi che devono essere valorizzati attraverso un efficace marketing territoriale sia nei confronti delle aziende, per attrarne di nuove e conservare le presenti, sia verso le persone attualmente all’estero, che devono essere incoraggiate a tornare con un programma di rientro che preveda incentivi fiscali e che comunichi al meglio le reali possibilità offerte del territorio”.