Software Open Source in Regione?
Software Open Source in Regione?

Genova – Utilizzare software Open source per far risparmiare le amministrazioni pubbliche. E’ uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle che, in Liguria, propone di far adottare alle Regioni l’uso dei programmi a licenza aperta e che possono garantire trasparenza e partecipazione dei Cittadini alla “cosa pubblica”.
Il termine inglese esatto è Open Source. Letteralmente: sorgente aperta. Ovvero un sistema informatico che rende pubblico il codice sorgente, garantendo il pieno controllo sulle operazioni svolte dal software, indipendenza dal fornitore, possibilità di sviluppare autonomamente nuove funzionalità, la messa in rete delle informazioni tra varie realtà e, soprattutto, minori o inesistenti costi di licenza.

Una piccola rivoluzione che molte pubbliche amministrazioni italiane hanno già sperimentato con successo. È il caso, ad esempio, del comune di Modena, che ha risparmiato circa un milione di euro l’anno grazie alla migrazione verso soluzioni aperte.
“Su questo punto l’articolo 68 del decreto legislativo n. 85 del 2005 parla chiaro – spiegano Fabio Tosi rappresentante del Movimento 5 Stelle – imponendo alle pubbliche amministrazioni di realizzare una valutazione comparativa prima di acquisire il software da utilizzare. Ed è questo il tema che più ci sta a cuore: portare un effettivo risparmio ai conti della Regione, in passato disastrati da sprechi e sperperi di ogni tipo, il cui scontrino, alla fine, lo pagano sempre i cittadini. Se le regioni si dotassero di un software Open Source, i vantaggi sarebbero immediati”.

Secondo i calcoli del Movimento 5 Stelle, infatti, tagliando i salati appalti privati esistenti e spartendo i costi di sviluppo tra tutte le regioni italiane, in proporzione al loro gettito fiscale, si otterrebbero forti risparmi.
Inoltre, mettendo in comunicazione le varie regioni e ponendo fine alla Babilonia di standard proprietari dei software, sviluppati da singole aziende informatiche, diverse per ogni regione, si otterrebbe la standardizzazione dei dati.
Secondo il M5S, poi, grazie a sistemi informatici aperti alla revisione degli esperti e ai contributi volontari da parte della comunità pubblica si avrebbe più trasparenza,  impedendo al contempo attività dolose o fraudolente ai danni della pubblica amministrazione o del cittadino.
L’uso di software Open Source garantirebbe anche alle PA di risolvere più velocemente problemi già affrontati da altre Regioni senza essere costrette a sviluppare autonomamente dei software e ci sarebbe una sinergia tra le regioni per la gestione, la manutenzione e nella risoluzione di bug con altri consistenti risparmi.
“Infine – ricorda il Movimento 5 Stelle, allo stato attuale, il software che la PA acquista sul mercato non è pubblicamente visionabile e riutilizzabile da quelle aziende che vogliano entrare nel mercato della fornitura di prodotti ICT per le pubbliche amministrazioni. Risultato? Si rischia un regime di monopolio e i costi finali lievitano”.