Confeugo a Genova
Confeugo a Genova

Il Confeugo è una tradizione medioevale che affonda le sue origini nella storia precedente, molto probabilmente già di epoca pagana, quando si celebrava la vittoria della luce sulle tenebre nel in solstizio d’Inverno che cade il 21 dicembre e che vede la luce del giorno tornare ad aumentare rispetto alle ore di buio.
Della cerimonia in sè esistono prove risalenti al 1300 ma si suppone che fosse già in vigore da tempi ben più lontani.
Si trattava di un omaggio della popolazione all’autorità e l’occasione per presentare lagnanze e proteste attraverso il “mugugno”, la nobile arte della lamentela, tipicamente ligure.
I documenti riportano di cerimonie del Confeugo fatte davanti al Podestà, poi ai Capitani del Popolo ed infine al Doge, a partire dal 1339.
Il Confeugo era una sorta di cerimonia di Inizio Anno, con il popolo che rendeva omaggio alle autorità e da queste veniva “riconosciuto” e che era occasione di scambio d’auguri ma anche di lamentele e di richieste per il nuovo anno che iniziava.
Il Confeugo nella formula attualmente conosciuta meglio è quello che vede l’incontro dell’Abate, rappresentante delle famiglie proprietarie di terreni nella ValBisagno, in Val Polcevera e a Voltri (poi della sola Val Bisagno), che veniva accolto in onori dal Doge, accompagnato da una scorta militare.
L’Abate portava in dono un ceppo di legno fasciato da rami di alloro e di ulivo e legato con nastri bianchi e rossi (i colori della bandiera genovese) che doveva poi essere arso in pubblica piazza a scopo propiziatorio e come segno di alleanza tra il Popolo e i suoi Signori.

L’Abate arrivava in pubblica piazza, lasciava in bella mostra il Confeugo” e si presentava al Doge salutandolo con rispetto e pronunciando le parole che, ancora oggi, vengono ripetute:

Bèn trovòu Mesê ro Dûxe
(Ben trovato signor Doge)

a quel punto il Doge rispondeva

Bén vegnûo Mesê l’Abòu
(Ben venuto signor Abate)

La cerimonia proseguiva poi con un breve discorso nel quale l’Abate, rappresentando il Popolo, si faceva portavoce degli auguri al Doge ma anche dei “mugugni”, le lamentele della popolazione per tasse, problemi della città e persino per il comportamento delle stesse autorità.
Un momento solenne e “rivoluzionario” nel quale era consentito rivolgere parole di critica all’autorità costituita.

Al termine della lamentazione il corteo si scioglieva, i nobili mangiavano in un ricco banchetto e, con il buio, davano fuoco al Confeugo.
L’antica credenza popolare voleva – e vuole ancor oggi – che le ceneri del Confeugo fossero dei portafortuna potentissimi e, per questo, esisteva un vero e proprio “assalto” a quanto restava del fuoco.
Portare a casa un pezzo di brace o un pugno di ceneri rappresentava un potente talismano e in alcuni momenti della Storia della Repubblica di Genova, si dovette organizzare un vero e proprio servizio di distribuzione per evitare tumulti e commerci più o meno “puliti” delle ceneri.
Ancora oggi i genovesi più legati alla tradizione cercano tra i resti del falò un pezzo di carbone o un rametto semi bruciato e lo conservano in casa sino all’anno successivo.

Il Confeugo non era una cerimonia gradita proprio a tutti. Era spesso occasione di forti proteste anti governative e di tumulti e infatti venne abolita nel 1499, durante la dominazione del re Luigi XII di Francia (venne ripristinata nel 1530) e nel 1637 ad opera del Senato della Repubblica di Genova che lo considerava “grave spesa agli uomini di questa valle, né si effettua senza confusione.
La cerimonia tornò in vigore sino alla rivolta giacobina del 22 maggio 1797 che ne decretò la fine.
Nei giorni recenti, con la riscoperta delle antiche tradizioni genovesi, il Confeugo è tornato a rappresentare un’occasione di festa per la città e di recupero degli antichi costumi ed usanze.

Anche oggi c’è chi attende il Confeugo per accaparrarsi un pezzo di brace o un rametto o, ancora, per inserire tra i rami, prima del fuoco, biglietti con le speranze o i desideri per l’anno successivo.
C’è persino chi sostiene di poter interpretare dal colore del fumo e dal suo modo di salire al cielo, come sarà l’anno entrante.
Si dice infatti che se il fumo del piccolo rogo è bianco sarà un anno fortunato e positivo e che, se il fumo sale diritto e senza essere deviato dal vento, l’anno sarà buono e produttivo e i progetti andranno per il meglio.