downloadRoma – Sono 284 mila ogni anno i casi di infezioni da antibiotico in Italia, con un numero di decessi stimato tra i 4,500 e i 7,000. Numeri che fanno del nostro paese la maglia nera in Europa, dove i casi registrati annualmente sono 4 milioni, con 37 mila decessi. Le infezioni più comuni sono la polmonite (24% dei casi in Italia) e l’infezione al tratto urinario (21%). L’allarme è stato lanciato lo scorso 11 febbraio in occasione di un convegno a Roma sulla lotta ai “superbatteri”, patrocinato dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità. “La resistenza agli antibiotici – ha spiegato il presidente dell’Istituto Walter Ricciardi – è un problema allarmante, potenzialmente drammatico, perché cominciamo ad avere pazienti resistenti a quasi tutti gli antibiotici e questo significa non avere più strumenti per curarli”.

Nonostante il nostro paese sia particolarmente colpito, i casi di resistenza agli antibiotici sono in aumento in tutta Europa, in particolari nelle regioni orientale e meridionale. L’allarme è stato lanciato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). A preoccupare sono soprattutto la resistenza dei batteri Campylobacter e delle Salmonelle, rispettivamente prima e seconda causa di infezioni nel continente. Il problema è stato indicato come una priorità dalla Commissione Europea nell’agenda sulla sicurezza alimentare. “Ogni anno nell’Ue – dice Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la Salute e la sicurezza alimentare – le infezioni causate dalla resistenza batterica provocano circa 25 mila morti. Ma la minaccia non è confinata all’Europa. Si tratta di un problema globale che richiede soluzioni globali”.

“Il fenomeno – aggiunge invece il Chief Scientist di Ecdc Mike Catchpole – è preoccupante perché significa che farmaci di ultima istanza potrebbero presto non essere più efficaci per il trattamento di infezioni gravi in persone on Salmonella”. Le possibili soluzioni al problema sono principalmente 2: lo sviluppo di nuove molecole antibiotiche da rendere immediatamente accessibili ai pazienti e un uso più appropriato degli stessi antibiotici in casa e negli ospedali.