circolo PD Quezzi
circolo PD Quezzi

Genova – Informare i cittadini di più e meglio e sfatare le leggende metropolitane che alimentano un clima esasperato di conflitto. Con questo scopo, mentre in via dell’Edera risuonava ancora l’eco del comizio del leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, poco lontanto, al circolo del Partito Democratico di Quezzi, in via Fereggiano, residenti e attivisti si incontravano con rappresentanti delle Istituzioni per “chiarire” la situazione e aiutare la comprensione del problema da parte di chi desidera ragionare con la propria testa e sulla base dei dati reali, senza lasciarsi influenzare dal tam tam dei social network.
La delicata operazione, coraggiosa in un momento tanto delicato per il quartiere, è stata organizzata da Laura Cevasco, segretario del circolo di Quezzi ed animatrice della vita politica del quartiere di Quezzi.
All’incontro hanno partipato anche l’europarlamentare Brando Benifei, l’assessore del Comune di Genova, Elena Fiorini e Claudio Bagnasco della Comunità di Sant’Egidio.
L’attualità era quella delle proteste legate al progetti di aprire in via dell’Edera un centro di accoglienza per circa 25 minorenni richiedenti asilo, con le proteste e i dubbi dei residenti e il vivace dibattito in corso ma il tema generale, necessario per una comprensione più efficace, era quello dei Migranti in genere.
Ad aprire il dibattito – reduce da una recente missione in Tunisia per incontrare rappresentanti del Governo locale, è stato l’euro-deputato Benifei, eletto nelle fila del PD ed esponente del gruppo parlamentare S&D (Socialisti e Democratici).
“Per prima cosa occorre sfatare una leggenda metropolitana – ha dichiarato Brando Benifei – e cioè che in Italia arrivi un numero enorme di migranti e che i paesi arabi e del Medio Oriente in genere, si lavino le mani della situazione. Basti pensare che un paese piccolo come il Libano – non più grande del nostro Abruzzo – ospita un numero impressionante di rifugiati. Se in Italia arrivasse lo stesso numero, in proporzione alla popolazione locale, noi oggi avremmo a che fare con 16 milioni di migranti. Numeri ben diversi da quelli che affrontiamo noi pur in un momento considerato di emergenza”.
Secondo Benifei il ruolo dell’Unione Europea è delicatissimo e non dovrebbe limitarsi alla creazione di tendopoli che non farebbero che cronicizzare un problema che non è più emergenza ma, volenti o nolenti, sta diventando strutturale e rischia di restare stabile nel tempo.
“Il vero tema europeo – ha detto Benifei – è come rendere sostenibile questa immigrazione. Occorre certamente risolvere le cause che producono la migrazione ed in particolare le guerre e gli estremismi politici e religiosi. L’Europa può farlo con la politica estera, magari costituendo una posizione comune che, ad esempio, sulla Siria non c’è ancora poichè ci sono differenze di vedute sul ruolo di Assad nel futuro della Siria”.
Per l’europarlamentare PD, però, la politica estera non è l’unico tema su cui occorre trovare un accordo.
“Abbiamo bisogno di un sistema europeo per la gestione dei richiedenti asilo – ha spiegato ancora Benifei – L’Italia chiede il rispetto degli accordi presi e in particolare sul riposizionamento di 150mila migranti arrivati nel nostro Paese. L’Italia chiede che l’Europa conceda flessibilità almeno per quanto concerne il computo dei costi sostenuti per le operazioni di salvataggio e di pattugliamento del Mediterraneo”.
Ma una volta chiarito il rapporto tra il nostro Paese e l’Unione Europea sul tema, per Brando Benifei resta un argomento molto importante: quello dell’integrazione lavorativa dei migranti.
“Dobbiamo fare qualcosa per fare in modo che chi ha ottenuto lo status di rifugiato possa trovare il modo per lavorare – chiarisce Benifei – e dobbiamo farlo evitando di dare l’impressione all’opinione pubblica che si tolgono fondi alle categorie svantaggiate o agli stessi italiani, per darle ai migranti. Questo è un passaggio molto delicato per tutta la politica”.
La strada, secondo Benifei, è quella di attivare con l’Europa, apposite linee di investimento di fondi non destinate a creare sussidi speciali per chi assume migranti ma, piuttosto per agevolare il loro accesso al lavoro con l’insegnamento della lingua italiana, di mestieri meno ambiti dai giovani italiani ed anche per enti ed associazioni che si occupino di agevolare e avviare al lavoro i cittadini stranieri che devono diventare una “risorsa” piuttosto che un “costo”.
Inutile ricordare che il lavoro dei migranti, quando è regolare e inquadrato nel rispetto delle regole, contribuisce già in modo considerevole alle casse dello Stato ed al mantenimento del Welfare.
A fornire altri elementi di riflessione è stata anche l’assessore alla Città Sicura del Comune di Genova, Elena Fiorini.
L’assessore ha affrontato momenti di grande emergenza, specie la scorsa estate, con l’arrivo di gruppi di migranti attraverso la rete delle Prefetture.
“Sono stati momenti caldi – ha ricordato Elena Fiorini – perchè ci arrivava una chiamata dalla Prefettura a poche ore dall’arrivo effettivo delle persone e magari, con un preavviso limitatissimo (chiamata alle 15, arrivo alle 19, Ndr) dovevamo predisporre una destinazione in luoghi adatti e predisposti”.
Il racconto dell’esperienza ha chiarito con precisione il ruolo del Comune che le leggende metropolitane danno quale responsabile dei flussi di arrivi di migranti.
Non un modo per mettere le mani avanti ma per chiarire, nel cittadino, le informazioni che vengono spesso travisate per opportunismo politico o per semplice ignoranza.
“A Genova – ha spiegato Elena Fiorini – si registra una concentrazione di stranieri pari al 9-10% come media e con punte del 20% in quartieri come Sampierdarena. Un bambino su 4 che frequentano asili e scuole e strutture comunali ha almeno uno dei genitori di origine straniera ma il 94% dei bambini “stranieri” è nato a Genova. Sono dati che non evidenziano una particolare criticità eppure, la scorsa estate, in molti hanno avuto l’impressione di vivere una vera emergenza. Ci sentiamo di dire che 1400 richiedenti asilo in una città come Genova non lo sono di certo”.
Emergenza reale o meno, ha ricordato l’assessore, tra poco dovremo riviverla nuovamente perchè, con il miglioramento delle condizioni meteo-marine, il fenomeno degli sbarchi è inevitabilmente destinato a ripresentarsi.
“E’ il sistema di gestione che è folle – ha spiegato Elena Fiorini – perchè impone di gestire una situazione che è ormai strutturale come se si trattasse di una emergenza. Si dovrebbe migliorare il sistema di accoglienza per va reso più efficiente e più trasparente”.
Anche per Elena Fiorini il “dopo” è quasi più importante dell’emergenza stessa.
“Bisogna studiare percorsi di integrazione – ha chiarito Fiorini – come la scuola per imparare l’italiano, ma anche evitare che queste persone restino con le mani in mano. Come Comune abbiamo attivato un persorso di lavori socialmente utili anche perchè ce lo chiedevano gli stessi immigrati che desiderano dimostrare di essere utili alla collettività. Il progetto sta funzionando in modo egregio e con soddisfazione reciproca. Speriamo di poterne attivare altri”.
Curiosamente, però, la notizia della costituzione di gruppi di migranti, guidati da operai del Comune, per piccoli-grandi lavori di manutenzione ordinaria, non è stata accolta positivamente da tutti.
C’è chi infatti accusa le Istituzioni di pagare persone straniere invece di far lavorare i disoccupati italiani (ed occorre chiarire che i migranti che partecipano ai lavori non percepiscono alcun compenso aggiuntivo) e chi invece sostiene che i migranti vengono sfruttati e che andrebbero pagati.
“E’ invece molto importante questa esperienza – ha spiegato ancora Elena Fiorini – perchè in questo modo entrano in contatto con altri cittadini. Con gli operai che li guidano e li seguono e con le persone che si fermano a parlare per ringraziarli o anche solo per capire cosa stanno facendo. Sono persone che desiderano sentirsi utili come chiunque di noi e che non hanno certo voglia di restare rinchiusi tutto il giorno nei centri senza incontrare nessuno o senza scambiare due parole con chi vive attorno a loro. Chiunque può fare questa esperienza e scoprirà quanto è interessante. Qualunque sia la propria posizione riguardo i migranti”.
Anche per i migranti, insomma, è importante uscire dall’isolamento e relazionarsi con altre persone. Lo scambio delle esperienze, dei racconti di vita, aiuta la comprensione reciproca. Non è necessario accettare acriticamente ma, piuttosto, ascoltare e farsi ascoltare. Le esperienze condivise servono a capire meglio l’altro.
L’assessore ha voluto sfatare anche un altro “luogo comune”, quello secondo cui chi è a favore dell’immigrazione e l’aiuto ai migranti, accetti qualunque cosa facciano o qualunque comportamento.
“E’ un grave errore – ha spiegato ancora Fiorini – pensare che siano tutti buoni o tutti cattivi. Come tutte le persone ci sono ottimi elementi e altri che creano problemi. Noi vorremmo dire no al solidarismo estremo come al razzismo. Sono sempre aspetti deleteri della stessa medaglia”.
Per favorire l’integrazione e la reciproca comprensione nel dialogo, un ruolo importante lo svolgono i Media, chiamati a non soffiare sul fuoco dell’intolleranza e dello scontro.
“A Barcellona – ha raccontato l’assessore Fiorini – c’è una bella esperienza di alcune radio che hanno creato programmi che smentiscono i luoghi comuni che circolano senza controllo. Sarebbe bello poterlo fare anche qui”.
Il confronto tra cittadini vecchi e “nuovi” è uno dei pilastri dell’attività della Comunità di Sant’Egidio, da tempo impegnata nell’accoglienza e nel dialogo tra culture e religioni diverse.
All’incontro era presente Claudio Bagnasco, rappresentante della Comunità, che ha raccontato l’esperienza della scuola di italiano organizzata in alcuni quartieri per i migranti.
Un’attività che consente di sfatare altri luoghi comuni usati spesso nella propaganda anti immigrazione.
“A Genova ci sono tra i 50 e i 60 mila immigrati – ha spiegato Claudio Bagnasco – e la nostra Comunità lavora per l’integrazione attraverso diverse esperienze. Quella che crediamo sia molto importante è la scuola di italiano. Crediamo infatti che insegnare la lingua sia un modo importante per rompere l’emarginazione, per uscire dall’isolamento ed avere rapporti con gli altri ed anche e soprattutto per trovare un lavoro e conquistare un ruolo nella nuova società”.
Contrariamente a quanto raccontato chi fomenta lo scontro culturale, l’esperienza di Sant’Egidio è di grande partecipazione ai corsi ed agli impegni.
“I migranti coinvolti non mancano mai le lezioni e partecipano con interesse – ha spiegato Bagnasco – sono consapevoli dell’occasione e dell’importanza del lavoro che fanno. Non abbiamo mai avuto problemi con nessuno e l’impegno è davvero duro per tutti”.
La Comunità cerca di creare occasioni di confronto anche nelle scuole attraverso gli incontri tra gli studenti e giovani migranti che vogliono raccontare le loro esperienze di vita, anche le più dolorose e terribili.
“I giovani si avvicinano con grande interesse – ha spiegato Bagnasco – e l’incontro scontro è sempre occasione di crescita. Le scuole che collaborano organizzano con noi gli incontri. Giovani provenienti da parti diverse del Mondo raccontano la loro vita prima di arrivare in Italia. Le loro speranze, le loro paure. All’inizio può esserci un pò di rigidità ma in brevissimo tempo i ragazzi si conoscono, fanno domande e confrontano le loro esperienze”.
Un modo straordinario per far comprendere in modo “naturale” che i mondi sono meno lontani di quanto si pensi e che i ragazzi che arrivano in Italia non sono qui per caso ma perchè spesso fuggono da situazioni incredibili.