apple iphoneNew York – Il caso Apple-Fbi continua a dividere gli Stati Uniti. Dopo che praticamente tutti i colossi della Silicon Valley si sono schierati dalla parte di Apple, ora anche la sentenza di un giudice di New York potrebbe legittimare il rifiuto dell’azienda di fornire assistenza tecnica all’Fbi per sbloccare l’iPhone di Syed Rizwan Farook, uno degli attentatori di San Bernardino. Nel giudicare il caso di uno spacciatore di droga nel Queens (New York), un giudice della Corte distrettuale di New York ha dichiarato illegittimo per il governo appellarsi all'”All Writs Act”, ovvero proprio la legge (tra l’altro vecchia di 227 anni) a cui il tribunale della California si è appellato per costringere Apple a collaborare. Negli Stati Uniti le sentenze si giustificano coi “precedenti”, ovvero in base a come altri tribunali si sono comportati in casi simili. Per questo si pensa che la sentenza di New York potrebbe giustificare davanti alla legge il comportamento dell’azienda fondata da Steve Jobs. Di “precedenti” ha parlato anche Tim Cook, ceo di Apple, nel duro comunicato che comunicava la decisione di opporsi alla richiesta del tribunale. Secondo Cook, infatti, creare un software capace di scardinare un iPhone creerebbe una “backdoor” (porta sul retro) potenzialmente in grado di aprire la strada a tutti gli altri dispositivi, e di mettere così in pericolo la privacy degli utenti. Il Governo, dall’altra parte, insieme al Congresso e alle forze di Intelligence rivendica la necessità di proteggere i cittadini, anche spiando le conversazioni telefoniche di sospetti terroristi. Nonostante l’Fbi abbia già avuto accesso a una gran parte di dati contenuti nell’iPhone in questione, alcuni dati rimangono decriptati, dal momento che l’attentatore non faceva un backup da diversi mesi (probabilmente di proposito). Le forze di sicurezza hanno a disposizione 10 tentativi per introdurre la password corretta, prima che i dati nel dispositivo si cancellino definitivamente. È un sistema ideato dalla Apple per proteggere i dati contenuti nel telefono in caso di furto. Un sistema tanto impenetrabile da mettere in crisi l’Intelligence degli Stati Uniti. Da qui la richiesta del Governo all’azienda e l’inizio di quello che Edward Snowden ha definito “il caso informatico del decennio”.