Nella foto, la cartina di "Caoslandia"
Nella foto, la cartina di “Caoslandia”

E’ veramente difficile pensare a due dinamiche che più della demografia e dello sviluppo tecnologico possano svolgere un ruolo così influente nell’economia geopolitica mondiale“.

Si è aperta con questa presa di coscienza, ben delineata da Fabrizio Maronta, responsabile delle relazioni internazionali di “Limes”, la seconda conferenza di giornata al Festival di Limes a Palazzo Ducale.
La demografia infatti, inquadrando dati percentuali relativi soprattutto all’età anagrafica, è un aspetto essenziale per capire ciò che succede oggi in Siria, in Libia o in Egitto.
Se le popolazioni dei territori sopra citati non rispecchiassero una forte avanguardia giovanile, probabilmente la stessa tecnologia avrebbe avuto minor spazio e minore eco vi sarebbe stata intorno al fenomeno terroristico.

A Genova si è avuto il privilegio di trattare questo argomento con due personaggi che conoscono a fondo la demografia e la tecnologia, ovvero Massimo Livi Bacci, professore di demografia all’Università di Firenze, e Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit).

In un pianeta che si è ristretto più di mille volte, evolvendosi demograficamente e tecnologicamente, non è possibile pensare che tutto possa rimanere inalterato“.

Lo dimostrano le cartine che testimoniano la diffusione di Internet sul Pianeta o l’entità del traffico telefonico mondiale, con dati esasperati nei territori maggiormente sviluppati e comunque ben sviluppati anche nei paesi ritenuti più arretrati, dove sta poco a poco cessando quella politica ancora coloniale dell’emarginazione rispetto alle frontiere occidentali dello sviluppo.

Che il Pianeta si sia ristretto di mille volte dal periodo del primo sviluppo agricolo, circa 10mila anni fa, non è un dato campato per aria, ma un dato che rende manifesto il progressivo restringersi del nostro Pianeta, con un conseguente avvicinamento dei confini” – sottolinea il Professor Livi Bacci, che puntualizza come “il numero (mille, ndr) abbia un fondamento reale, come testimonia la richiesta energetica attuale, centuplicatasi negli ultimi millenni“.

La Terra è un pianeta “finito”, nel senso che spazio, ormai, non ve ne è più” – sottolinea ancora Massimo Livi Bacci, chiarendo come più della metà del territorio terrestre sia occupato, direttamente o indirettamente, dalla mano dell’uomo, col resto del Pianeta che si caratterizza per la presenza di zone desertiche o ghiacciate.

Di fronte a tutto questo, io non sono catastrofista, ma neppure ottimista” – puntualizza al termine della sua analisi il Professore dell’Università di Firenze. “Se posso, piuttosto, mi definisco un nemico dei luoghi comuni“.

Nella foto, da destra: Massimo Livi Bacci, Roberto Maronta e Fabrizio Cingolani
Nella foto, da destra: Massimo Livi Bacci, Fabrizio Maronta e Roberto Cingolani

Si è aperta proprio a questo punto, all’interno della conferenza, un’ampia parentesi su quelle che sono le attuali prerogative dei paesi di tutto il mondo, che protesi al raggiungimento di una sostenibilità energetica e di un assestamento climatico rischiano di lasciare da parte componenti fondamentali negli equilibri mondiali come la stessa demografia.
Se la speranza, oltre alla sosteniblità, è quella tanto sbandierata di garantire una qualità di vita migliore anche a quei paesi che da decenni convivono con problematiche sociali e demografiche molto spinose, allora bisognerà porsi il problema di quale rapporto intercorra tra sviluppo demografico e sviluppo economico-sociale e, soprattutto, se sia sostenibile un rapporto del genere.
Di fronte a questo ultimo spunto, particolarmente importante se lo si rapporta con quelli che sono gli accordi a breve o lungo termine presi tra gli stati del Pianeta per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni, pesa molto l’ultima dichiarazione del Professore Livi Bacci.

La mancanza di una regolamentazione dei flussi migratori a livello internazionale è solo una delle realtà che dimostrano l’insostenibilità dello sviluppo demografico mondiale senza che vi sia un controllo governativo pronto a migliorare i sistemi di censimento e di identificazione della popolazione“.

E se ci ponessimo la domanda di quale altra specie del mondo si prefigga l’obiettivo di aumentare il proprio Pil del 2% da un anno all’altro, cosa risponderemmo? Nessuna“.

Esordisce così il direttore responsabile dell’Istituto Italiano di Tecnologia, secondo ospite ad intervenire nella conferenza dal titolo “Il Pianeta Stretto”, che affronterà il problema di un continuo restringersi della Terra da un punto di vista tecnologico, laddove per “tecnologico” si intendono tutti quegli espedienti che aiutano a “mettere delle pezze” ai consumi medi su scala industriale e familiare.

La tecnologia depura l’acqua, ad esempio, e la rende nuovamente utilizzabile, ma questa misura, così come altre, è solo un procrastinare una scelta definitiva: spostarsi alla ricerca di nuovi territori.

Bisogna comprendere però che la Terra, di qui al 2100, è destinata a non avere più terreno su cui operare. Serviranno perciò tecnologie in previsione di un viaggio di non ritorno verso altre mete, un percorso che verrà probabilmente percorso non da noi, ma dalle future generazioni dal 2100 in poi.

E se il problema del nostro Pianeta “energivoro” fosse invece quello di credere che il solo sviluppo economico possa concorrere al suo benessere?

Anche qui, secondo Roberto Cingolani, ci potrebbero essere misure capaci di arginare e prorogare il momento di una scelta definitiva. Misure che molto spesso hanno avuto uno sviluppo esponenziale negli ultimi decenni, senza però di fatto risolvere nessun problema nell’immediato

Se prendiamo ad esempio l’Information Technology, è la dimensione che si è maggiormente sviluppata negli ultimi anni, dando spazio a molte popolazioni e a molte minoranze, pur con delle riserve. Se su Internet infatti possono scrivere tutti, allora finirà per mancare il metodo scientifico di verifica delle fonti: lo riterremo uno sviluppo positivo?“.

E se pensassimo di investire i soldi delle spese militari (4,9 miliardi al giorno, ndr) per ricerche e investimenti a più largo impatto, non staremmo forse a parlare di qualcosa che, oltre ad evitare sprechi e morte, si trova esattamente a metà strada tra etica e tecnologia?