Guardia di Finanza
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Milano – Offrivano le partite di Champions League, film e serie tv a prezzi stracciati attraverso le piattaforme Iptv per lo streming video pirata. Cinque le persone denunciate e ben 50 i siti oscurati dalla Guardia di Finanza nel corso di un maxi blitz su tutto il territorio italiano e in ben tre continenti.
E’ il bilancio dell’operazione antipirateria audiovisiva denominata “Match Off 2.0”, messa a segno alla vigilia della finale di Champions League dai finanzieri.
I militari del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche hanno eseguito numerose perquisizioni in varie regioni italiane nell’ambito di una inchiesta coordinata dal pm Nicola Maiorano della Procura di Roma.
Nel mirino, il crescente fenomeno della IPTV – cioè la trasmissione via web di eventi sportivi, film, serie televisive
e concerti, senza possederne i diritti. In particolare, è stato accertato che venivano offerti contenuti pirata sia in
modalità streaming live cioè in diretta, che in modalità streaming on demand fruibili, quindi, a richiesta degli
internauti ma senza il riconoscimento delle tariffe dei canali video privati.
Tutti i siti, posizionati su server situati sia in Italia che all’estero, riportavano veri e propri palinsesti organizzati per facilitare la scelta del programma preferito.
La fonte di guadagno era data da un abbonamento mensile di 10 euro, a fronte di una offerta commerciale legale
di circa 100 euro.
“Per comprenderne la portata – sottolineano le Fiamme gialle – è sufficiente considerare che, con l’odierna operazione, è stata accertata la presenza di oltre 340 mila utenti registrati all’interno di una community.
Ipotizzando che tutti abbiano sottoscritto un ‘abbonamento’ illegale, è possibile, con un semplice calcolo, stimare che il volume da affari sia di quasi 3 milioni e mezzo mensili, ossia oltre 40 milioni l’anno”.
Nei confronti dei 5 indagati, promotori di una vasta rete di clienti ramificata su tutto il territorio nazionale, è stata contestata la violazione della art.171-ter della legge 633/41, che prevede la reclusione fino a 4 anni e la multa di 15.000 euro.
Al vaglio anche la posizione degli abbonati che, proprio per l’esiguità della cifra pagata, difficilmente potrebbero sostenere in un Tribunale di aver creduto che si trattasse di un’offerta legale.