Sequestro di beni archeologici al porto di La Spezia
Sequestro di beni archeologici al porto di La Spezia

La Spezia – La Guardia di Finanza di La Spezia insieme con il personale dell’Agenzia delle Dogane ha eseguito una serie di controlli che ha permesso di giungere all’individuazione di tre container spediti dal porto di Miami contenente beni di considerevole interesse archeologico, parte del patrimonio dello Stato e tutelati dalla Convenzione Unesco del 1970 altrimenti destinati ad arredare la villa fiorentina di un facoltoso uomo d’affari statunitense.

L’ispezione dei container ha fatto emergere la presenza di un centinaio di mobili e quadri antichi di raffinata manifattura e, grazie anche alla perizia di un esperto della Soprintendeza dei Beni Storici Artistici ed Entoantropoligici della Liguria, sono stati datati per lo più al XVIII secolo.

Tra i mobili settecenteschi erano presenti anche statue in marmo contenute in gabbie di legno e diversi vasi in terracotta. Si tratta di reperti archeologici individuati dalla dottoressa Marcella Mancusi della Soprintendenza Archeologica della Liguria. Sono stati individuati tre elementi particolarmente interessanti: un vaso “askòs” in terracotta decorata, utilizzato come ornamento funebre e proveniente dalla Daunia, oggi Puglia settentrionale, e databile tra il IV ed il III secolo a.C.; una statua romana in marmo bianco lunense, mancante della parte superiore e raffigurante una nudità eroica che caratterizza importatori e personaggi di rango imperiale, databile intorno al I secolo d.C.; ancora una statua romana femminile di marmo colorato, rara copia della “Artemis Braschi”, una statua raffigurante la dea della caccia Artemide, Diana per i romani, e collocabile in piena età imperiale giulio-claudia nel I secolo d.C.

Il proprietario non ha saputo fornire alcuna prova circa la legittima provenienza dei reperti e nel corso dell’indagine, è stato appurato anche il contrabbando aggravato anche in relazione a due dipinti ad olio di grandi dimensioni e di fattura francese, risalenti al Settecento.

L’operazione si è conclusa con il sequestro finalizzato alla confisca dei tre beni archeologici e dei due intinti francesi. Il cittadino americano è stato denunciato per condotte punite dal codice dei beni culturali, dal codice penale e dal codice doganale con la contestazione, tra gli altri, di diritti doganali evasi per un ammontare di oltre 23mila euro.