Giustizia
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Genova – Sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso di Franco e Renata Ricciardi, i fratelli di 60 e 68 anni trovati morti nell’abitazione offerta dalla Caritas in via Parini, ad Albaro.
I corpi dei due apparivano molto magri e tra le ipotesi per il decesso si parla di “inedia” ovvero per mancanza di alimentazione. Il frigorifero dell’abitazione sarebbe stato trovato completamente vuoto e a disposizione dei due fratelli ci sarebbe stata solo una confezione di integratori alimentari specifici per anziani.
Sul caso è stata aperta un’indagine della magistratura che prevede l’ipotesi di reato, al momento senza indagati, di omicidio colposo.
Gli inquirenti indagano soprattutto per chiarire come sia possibile che i due, affidati ai servizi sociali e residenti in una casa di accoglienza, siano potuti morire in quelle condizioni e restare per giorni senza che nessuno se ne accorgesse.
I due fratelli, originari di Nervi, vivevano nell’abitazione di via Parini pagando le bollette con la magra pensione. Erano seguiti dalla Asl, dai servizi di igiene mentale e dalla Caritas. Eppure sono morti, uno a breve tempo dall’altro, in piena solitudine.

in merito a quanto avvenuto la Caritas ha diramato un comunicato

“i Signori Franco e Renata Ricciardi, fratello e sorella, sono stati trovati deceduti in un appartamento di Via Parini, di proprietà delle Fondazione Opere Pie Riunite, nel complesso denominato “Villa Cordano”, dove in 8 mini appartamenti trovano una sistemazione transitoria persone e famiglie in emergenza abitativa. Tali appartamenti sono coordinati dalla nostra Caritas Diocesana di Genova e le persone che vi trovano accoglienza sono seguite dai servizi territoriali e dai Centri di Ascolto di riferimento.
I due fratelli erano stati accolti nell’appartamento perché, pur avendo alcuni risparmi da parte, abitavano in uno scantinato, condizione precaria segnalata dal parroco della zona durante la benedizione delle famiglie e per la quale si era resa urgente una nuova sistemazione. Abitavano in via Parini dal Gennaio 2016.
La famiglia Ricciardi era seguita dai Servizi Sociali, dalla Salute Mentale, dal Centro di Ascolto di Nervi.
L’ultimo contatto con la famiglia sarebbe dovuto avvenire all’inizio di Giugno per il pagamento delle utenze mensili (le persone ospitate non pagano affitto), che i due fratelli onoravano con assoluta puntualità.
Non essendosi presentati, gli operatori, che svolgono una funzione di presidio sociale e li seguivano più da vicino, li hanno contattati senza ottenere risposta. In data di oggi (6 giugno NDR) , preoccupati per il ripetuto silenzio, hanno chiesto e ottenuto da Caritas Genova di poter entrare nell’appartamento, nel quale i Signori Ricciardi vivevano autonomamente e con tutti i diritti di riservatezza: va sottolineato infatti che la permanenza in questi mini appartamenti è disciplinata da un “Patto di ospitalità” che tutela le persone ospitate nell’uso del bene e impedisce di entrare in casa ad altri se non in caso di grave necessità, circostanza che si è appunto verificata nella mattinata di oggi. I due fratelli, inoltre, avevano uno stile di vita schivo e appartato, non gradivano eccessive intrusioni nella vita della propria famiglia e avevano rinunciato a farsi seguire dai servizi territoriali.
Allo stato attuale delle informazioni in nostro possesso e in attesa di tutti gli accertamenti medici e di indagine, la morte contestuale dei Sig.i Ricciardi non riconduce a cause esterne: non ci sono segni di violenza, di effrazione dell’immobile, di sottrazione di beni. E’ stato osservato uno stato di magrezza eccessiva dei due fratelli che tuttavia era loro propria, almeno da quando abitavano in Via Parini.
La morte dei Signori Ricciardi mette sicuramente in luce il dramma della solitudine, malgrado il fatto che, in questo caso, esistesse una rete sociale di sostegno. Caritas Diocesana esprime ringraziamento agli operatori che hanno colto gli allarmi di questa situazione in un tempo relativamente breve, pur senza nascondersi i limiti che la tutela sociale incontra nei confronti di persone che patiscono un disagio complesso”.