Genova – Un sabato pomeriggio autunnale, il primo di questo 2018, ha visto Vasco Brondi protagonista dei consueti incontri alla Feltrinelli di Via Ceccardi a Genova. L’artista, nato a Verona ma cresciuto a Ferrara, ha appena pubblicato l’album “2008-2018 tra la via Emilia e la via Lattea”. Una raccolta dei brani che hanno saputo trasformare le parole di un timido ragazzo di periferia nei successi di un artista tra i più convincenti degli ultimi tempi.

Intervistato da Renato Tortarolo, Vasco Brondi ha raccontato la sua storia, da quando ha deciso di dare vita, 10 anni fa, al progetto de Le Luci della Centrale Elettrica. Durante la presentazione, l’artista ha raccontato la scelta inevitabile di iniziare a scrivere, sentita come necessità e urgenza, e la stessa sensazione di dover abbandonare questo nome, così ingombrante a volte, perché in qualche modo ha smesso di rappresentarlo. Al centro della chiacchierata ci sono i testi scritti da Brondi, con la loro potenza evocativa, la capacità di portare visivamente e sensorialmente l’ascoltatore in un punto definito ma non definibile in cui può perdersi, sorridere e lasciarsi commuovere allo stesso tempo. Non sono mancati i riferimenti ai grandi artisti che hanno ispirato prima, e collaborato poi, al progetto de Le Luci, da Manuel Agnelli a De Gregori, da Giorgio Canali a Vinicio Capossela.

Chitarra in mano, la presentazione si è conclusa con alcuni brani live, con la solita voce rotta e la solita potenza che non ha bisogno di forza: Chakra, I destini generali, Coprifuoco. E poi la lettura dei ringraziamenti contenuta nell’album, intitolata “Gratitudine e ricordi sparsi”, che raccoglie i frammenti di questi 10 anni di carriera. Non gli eventi eclatanti, ma le piccole cose che restano, quelle che danno colore a una giornata non memorabile, che ne fanno valere la pena. Alcuni, tra il pubblico in attesa per ottenere un bacio, una foto e un autografo, hanno gli occhi lucidi. E poi inizia il firmacopie, lo scambio, sapendo di aver assistito a una potenza che non ha fatto rumore, ma i cui effetti sapranno rimanere nel tempo.