Genova – Ancora palme infestate dal punteruolo rosso a Pegli e ancora polemiche sulla possibilità di curarle invece di abbattere. Sta diventando sempre più rovente la polemica sullo stato di salute delle molte palme che da oltre un secolo caratterizzano il quartiere e che oggi sono minacciate da un terribile insetto che sta distruggendo questo tipo di piante in tutta la Liguria e non solo.

Dopo gli abbattimenti dei giorni scorsi, improvvisi e senza alcuna comunicazione al Municipio, altre piante sono entrate nel mirino di chi provvede al verde pubblico e potrebbero presto essere abbattute senza che sia stato provato il rimedio che altrove, a Nervi come ad Andora, ha invece permesso di arrestare, almeno appartentemente, l’infestazione.

Le segnalazioni più recenti riguardano le palme tra via Maona e via Fanciulli. Le foglie apicali “afflosciate” e l’improvvisa caduta di parte del fogliame ha evidenziato quella che ha tutta l’aria di essere un’infestazione alla quale sembra non esserci rimedio efficace.

I residenti del quartiere temono che, in assenza di interventi, tutte le palme di Pegli verranno abbattute devastando un panorama che è tale da oltre un secolo e che ha caratterizzato uno dei quartieri più belli della città, con i suoi parchi e le sue piante.

A rivendicare la possibilità di salvare le palme è un tecnico, insegnante di un istituto tecnico dove si formano generazioni di esperti, e titolare di un’azienda che da tempo sperimenta con interessanti risultati un trattamento fitoterapico che a Nervi e ad Andora ha salvato numerose piante e sembra dimostrare un livello di “protezione” da future infestazioni davvero impressionante.

Il tecnico è stato invitato dal Municipio VII Ponente ad esporre le sue opinioni in merito alla possibilità di salvare le palme di Pegli come quelle di tutta quanta la città e probabilmente, visto che altri tecnici sostengono l’esatto contrario, servirà una sperimentazione che metterà la parola fine alla discussione.
I cittadini chiedono a gran voce che sia sperimentata la tecnica, poco costosa e facilmente realizzabile anche da chi oggi gestisce il verde pubblico, per verificare la possibilità di salvare piante che hanno impiegato oltre un secolo per crescere e che ora cadono una dopo l’altra nell’apparente disinteresse.

(foto Facebook)