Genova – Ha preferito restare in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, Osas Okundaye, il cittadino nigeriano di 34 anni indagato con l’accusa di omicidio preterintenzionale e di abuso di professione medica a seguito della tragica morte del neonato dopo un intervento “casalingo” di circoncisione.

L’uomo era stato arrestato mentre tentava di oltrepassare il confine con la Francia a Ventimiglia, probabilmente avvertito dalla madre o dalla nonna del piccolo della morte del neonato che qualcosa era andato storto e che il bambino stava male.
Interrogato dal giudice per le indagini preliminari di Imperia, dove si trova recluso, l’uomo ha preferito non rispondere.

Attesa per il risultato dell’autopsia che deve chiarire se il neonato sia morto per una grave emorragia, come sembra, oppure se sia stata invece una infezione indotta dall’operazione chirurgica effettuata senza le necessarie cautele.
Un intervento che deve essere effettuato in ospedale ma che invece è stato effettuato in casa per un costo di circa 80 euro pattuito tra le donne e il “santone”.

Un errore in cui sempre più spesso cadono le famiglie degli immigrati che non possono permettersi gli interventi nelle cliniche private e non possono accedere agli ospedali pubblici perchè l’intervento di circoncisione rituale – ovvero per motivi religiosi (comune tra i musulmani ma anche tra i fedeli di religione ebraica) non sono previsti perché “non terapeutici”.

Una scelta non condivisa dalle associazioni dei medici che sostengono l’esigenza di ridurre al minimo il pericolo per la salute dei bambini, consentendo l’intervento magari con il pagamento di un ticket, pur di indurre le famiglie a non ricorrere a interventi “casalinghi” che sempre più spesso causano danni irreversibili o addirittura la morte.
La Regione Toscana e Veneto hanno già inserito l’intervento nel novero di quelli offerti dal servizio pubblico dietro pagamento di un ticket.
La Regione Liguria ha invece scelto di non applicare questa normativa.
Le Comunità musulmane sostengono la richiesta presentata dai medici garantendo che le famiglie sarebbero anche disposte a pagare per gli interventi.