Genova – “Campagna di comunicazione per Regione Liguria cercasi per rimediare al danno fatto. Astenersi perditempo”. E’ durissima la critica alla campagna pubblicitaria “La Liguria è un’altra cosa” inviata a mezzo stampa dallo Studio Wiki, l’agenzia di comunicazione di Savona che si occupa da anni di art direction, digital, copywriting, eventi e marketing per grandi aziende liguri e nazionali.

In una analisi del lavoro svolto da Regione Liguria emerge un quadro impietoso con dure critiche alle scelte operate da chi, utilizzando denaro pubblico, realizza e pianifica campagne pubblicitarie che dovrebbero incentivare il Turismo, richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla Liguria e magari modificare alcuni luoghi comuni come la stagionalità del turismo o la scarsa vocazione all’industria.
In particolare gli esperti di Studio Wiki si concentrano sulla campagna istituzionale “La Liguria è un’altra cosa”.

“La campagna è partita a marzo scorso per dare un segnale dopo il crollo di Ponte Morandi e la grande mareggiata di ottobre 2018 che tanto hanno colpito negativamente non soltanto l’immagine del nostro territorio – scrive lo Studio Wiki – Sappiamo che una campagna è l’insieme articolato e coordinato di strategia, creatività e pianificazione del media mix. Proviamo a scorporare e analizzare singolarmente questi tre assi della campagna regionale.
ASSE STRATEGICO. Dal punto di vista strategico gli argomenti e gli obiettivi sono più che condivisibili. Una campagna di marketing territoriale a tutto tondo: non solo turismo, insomma. Ma se gli obiettivi strategici sono certamente giusti e si tagliano al ruolo di qualunque governance e di qualunque amministratore, ovvero quelli di potenziare comunicazione, immagine e opportunità di tutte le filiere e di tutti gli operatori del territorio, non così azzeccato ci pare essere lo strumento. La Liguria non è solo turismo, questo vorrebbe dire la campagna. La Liguria è anche portualità, con il primo sistema portuale del Mediterraneo, è innovazione tecnologica, con IIT e altri grandi operatori dell’high tech, è arte, cultura, gastronomia: un complesso di opportunità. Tutto bene. Peccato che lo strumento campagna pubblicitaria non sia quello giusto per attivare gli opinion makers che la Regione sta cercando per andare al di là del “solo” turismo.
Per fare concretamente quanto la Regione avrebbe voluto fare – per ora a parole – si sarebbe dovuta attivare una campagna di Pubbliche Relazioni; esistono agenzie e soggetti professionalmente preposti al compito. Attività complessa, che deve essere affidata a professionisti. Occasione persa: peccato per i contribuenti.
ASSE DELLA PIANIFICAZIONE DEL MEDIA MIX. Un dispendio di risorse poderoso, che andavano investite diversamente e meglio. Non abbiamo avuto modo di vedere la pianificazione del media mix integrale.
Ci limitiamo a commentare quanto dichiarato: “la campagna sarà presente nei principali punti di ingresso dei turisti in Italia: gli aeroporti” – spiega il governatore Toti. “Sarà anche sui principali giornali nazionali e internazionali, come Financial Times e Figaro – continua il sindaco di Genova Bucci. La campagna è indirizzata a colpire i tre filoni strategici che abbiamo individuato: turismo, industria e tecnologia, porto e logistica. È inserita dunque in una strategia di marketing territoriale complessivo che sviluppiamo attraverso tanti strumenti, ma queste immagini rimangono nella memoria meglio di altre cose”.
Le immagini, sicuramente come dice il Sindaco Bucci, rimangono nella memoria meglio di altro: ma se su queste corrono alcuni driver di scelta della destinazione turistica, non si può dire la stessa cosa per i driver di scelta che guidano industria, tecnologia, porto e logistica. Le scelte di questi settori sono guidate da ben altro rispetto alle belle immagini sui giornali e negli aeroporti. Era proprio qui che sarebbe servito dispiegare la campagna di Pubbliche Relazioni di cui abbiamo detto sopra. Siamo al paradosso: la Regione non vuole fare comunicazione “solo ed esclusivamente turistica”, però si avvale di strumenti deputati alla comunicazione turistica. Si cercano gli opinion makers e poi si pianifica una campagna con gli strumenti della comunicazione main stream. Evidente che non si ha grande chiarezza e padronanza delle tecnè pubblicitarie. Niente di nuovo sul fronte occidentale, purtroppo. Niente grandi balzi in avanti, come il continuare a basarsi su KPI unicamente quantitativi: “un pubblico stimato di 12 mln di persone vedranno la campagna” – chiosa Pitto. Ci siamo chiesti se sono i 12 mln giusti?
ASSE DELLA CREATIVITÀ. È qui siamo al punto dolente. Ok le foto, nulla da dire. Ma il claim, sia per contenuto, sia per forma, non funziona. È sbagliato. Punto. Per due ragioni. La prima appartiene decisamente al campo del copywrting, la seconda a quello dell’art direction. Cosa ci dice la campagna? Che la Liguria è un’altra cosa. Bene. Tuttavia associa il claim alle belle immagini fotografiche del nostro territorio. Quasi a dire: “vedete che bello…ma la Liguria è altro”. Preso singolarmente e isolato dalle immagini il claim potrebbe anche avere qualche chance, ma accoppiato alle immagini della campagna muore al primo vagito. Ma poi, uno straccio di body copy non ce lo vogliamo mettere? E veniamo ora alla forma grafica, all’art direction…e iniziamo il compianto. Cosa avrà pensato il grafico, e mi scuso con tutti i grafici – oggi, nel 2019 – mentre tracciava la tipografia in terza dimensione posticcia di tanto obbrobrio futuristico che al solo sguardo già viene alla mente la citazione sarcastica della migliore estetica passata dagli anni ’80: Ritorno al futuro e Star wars? Ha ricordato l’assessore regionale allo Sviluppo economico Andrea Benveduti: “Questa campagna ha l’obiettivo di rafforzare e rinnovare il concetto di brand awareness, ossia quella coscienza e riconoscibilità immediata e istintiva della nostra terra, incentrata in un quasi unico connubio tra qualità della vita, arte, bellezze naturali e avanguardia tecnologica industriale”. Belle parole, per le quali lo ringraziamo sicuramente. Peccato che brand awareness e questa campagna non abbiano nulla da spartire. La campagna è tecnicamente e oggettivamente sbagliata, oltre che essere esteticamente – e quindi eticamente – inaccettabile da parte di un emittente istituzionale importante come la Regione Liguria.
Nessuna morale da questa brutta vicenda: ma se i ponti li fanno fare agli ingegneri non vedo perché le campagne pubblicitarie non li debbano far fare ai pubblicitari di professione. Le macerie morali del senso sono spesso altrettanto dolorose delle macerie materiali dei ponti crollati, e le due cose hanno – ahimè – una relazione: il pressapochismo”.

Ora si attende la risposta della Regione Liguria alle critiche mosse dagli esperti di Studio Wiki.