Genova – Domani, lunedì 16 settembre inizia nel mar Ligure il fermo pesca, che blocca per 30 giorni (più altri, da 7 a 17 a scelta entro l’anno) i grossi pescherecci che accusati dalle associazioni ambientaliste di “arare” i fondali con lo strascico a divergenti (nonché con sfogliare rapide e reti gemelle a divergenti).

Secondo la Protezione Animali savonese i tempi, le aree e la durata del fermo biologico dovrebbero essere ottimizzate secondo i cicli biologici degli animali marini e non seguire le esigenze commerciali della potente lobby dei pescatori professionisti.

Enpa ritiene che una efficace protezione del mare si possa fare non solo con un corretto fermo biologico ma soprattutto con la creazione di vaste riserve marine ove viga il divieto totale di pesca, in cui le specie animali possano crescere e diffondersi poi anche fuori delle zone protette; e con la consistente riduzione delle quote di pesca di specie in pericolo, come il tonno ed il pescespada, nonché l’aumento delle taglie minime delle specie pescabili e, per i troppi pescasportivi (164.000 censiti nella sola Liguria) la riduzione dei quantitativi giornalieri (attualmente ben 5 chili) ed il divieto dell’uso di palangari (200 ami attuali) e nasse.
L’associazione ricorda infatti che tutti gli organismi scientifici del settore dichiarano da tempo che il mar Mediterraneo sta morendo per troppa pesca, sia professionale che sportiva, con il 75% delle specie animali in netta riduzione ed il 25% in via di estinzione.

Sarebbe inoltre utile, invece di tenerli fermi a spese pubbliche impegnare, durante il fermo biologico, i pescherecci al recupero delle migliaia di chilometri di reti perdute o abbandonate sui fondali, che pescano per centinaia di anni; e che si facilitassero le imbarcazioni a portare a terra e a smaltire correttamente le enormi quantità di spazzatura, plastica e materiali che raccolgono con lo strascico e che sono costretti a ributtare in mare per mancanza di servizi a terra e norme di legge chiare.

In questa situazione di grave emergenza del mare il consumo di pesce e crostacei degli italiani è assurdamente raddoppiato in pochi anni, favorito da campagne promozionali folli mentre, vuoti i mari italiani, nelle pescherie il pesce in vendita è per tre quarti d’allevamento (ma per ogni chilo prodotto ne servono cinque di pesce selvatico pescato) o proveniente dall’estero.